Ristrutturare edifici anni ’60 e ’70
Gran parte degli appartamenti ristrutturati oggi a Roma risale agli anni ’60 e ’70. È un patrimonio edilizio enorme, spesso sottovalutato, che presenta caratteristiche ricorrenti ma anche criticità specifiche che emergono solo quando si inizia a intervenire.
Ristrutturare questi edifici non significa semplicemente “aggiornarli”, ma comprenderne la logica costruttiva, i limiti e le potenzialità, evitando di applicare soluzioni contemporanee in modo automatico.
Come sono costruiti gli edifici di quegli anni?
Gli edifici degli anni ’60 e ’70 sono generalmente caratterizzati da strutture in cemento armato, tamponature in laterizio e solai con caratteristiche molto diverse da quelle attuali. Le distribuzioni interne riflettono esigenze abitative ormai superate, con ambienti compartimentati e corridoi predominanti.
Dal punto di vista impiantistico, molti di questi edifici nascono con dotazioni minime, poi stratificate nel tempo con interventi parziali che spesso non dialogano tra loro.
Le criticità che emergono in fase di demolizione
Uno degli aspetti più delicati è ciò che emerge dopo le prime demolizioni. Tracce impiantistiche irregolari, sottofondi disomogenei, vecchi materiali non più conformi e interventi precedenti eseguiti senza un progetto unitario sono all’ordine del giorno.
È in questa fase che una ristrutturazione ben pianificata dimostra il suo valore, perché consente di assorbire le criticità senza stravolgere tempi e costi.
Struttura e pareti: cosa si può modificare davvero
Non tutte le pareti sono modificabili come si immagina. In molti edifici di quegli anni, elementi apparentemente secondari svolgono un ruolo importante nella rigidezza complessiva o nel comportamento strutturale.
Intervenire senza una valutazione tecnica adeguata può generare problemi sia dal punto di vista normativo che statico, soprattutto in edifici condominiali.
Impianti: il vero punto debole
Gli impianti rappresentano spesso la parte più critica. Adeguarli agli standard attuali significa ripensare completamente percorsi, spazi tecnici e integrazione con le nuove distribuzioni.
Tentare di “adattare” impianti esistenti a nuove esigenze è una delle cause principali di malfunzionamenti e interventi correttivi successivi.
Comfort abitativo: cosa manca davvero
Dal punto di vista del comfort, gli edifici anni ’60 e ’70 presentano spesso carenze in termini di isolamento termico e acustico. Tuttavia, intervenire senza una strategia complessiva può peggiorare alcune condizioni, come la gestione dell’umidità o dei ponti termici.
Il miglioramento del comfort richiede un equilibrio tra interventi sull’involucro, sugli impianti e sulla distribuzione interna.
Un approccio progettuale su misura
Ristrutturare un edificio di quegli anni non significa “rifarlo nuovo”, ma valorizzarlo con soluzioni compatibili con la sua struttura e il suo comportamento reale. Ogni scelta dovrebbe essere verificata non solo dal punto di vista estetico, ma anche tecnico e funzionale.
È questo approccio che consente di ottenere risultati duraturi, evitando interventi invasivi o inutilmente complessi.